Claudio Cucinotta intervistato da Ciclonews

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Claudio Cucinotta

Claudio Cucinotta (fonte profilo Instagram)

Claudio Cucinotta intervistato da Ciclonews circa la preparazione atletica dei corridori

Ospite di oggi è Claudio Cucinotta ex professionista dal 2006 al 2010 con le maglie di Tenax, LPR e De Rosa. Dopo l’attività agonistica, Claudio Cucinotta si è dedicato allo studio della preparazione atletica ed attualmente collabora con la Bardiani CFS.

Ciao Claudio e grazie per la tua disponibilità, come è nata la tua passione per il ciclismo?

Grazie a voi per l’ospitalità, ho iniziato a correre da G3, avevo provato molti sport precedentemente, ma alla fine quello che mi è piaciuto di più sin da subito è stato il ciclismo.

Hai avuto una carriera come professionista, quali ricordi conservi di quel periodo?

Ho fatto 5 anni da professionista, i ricordi più belli sono quelli legati alle 3 vittorie (tappa al Giro di Slovenia e 2 tappe al Giro del Giappone), alle volate tirate a Petacchi, e alle gare in Belgio, le mie preferite per la tipologia di percorso e per il calore e l’interesse degli spettatori.

Il ciclismo è uno sport di fatica, come valuta Claudio Cucinotta il modo di approcciarsi a questo sport nelle categorie giovanili?

Il ciclismo giovanile è ricco di sfaccettature e non è mai facile generalizzare. Sicuramente ci sono alcune realtà in cui le pressioni e l’esasperazione nei confronti dei ragazzi sono troppo elevate, ma anche altre in cui l’aspetto ludico e formativo sono preponderanti, come dovrebbe essere quando si ha a che fare con ragazzi giovani. L’obiettivo di queste categorie dovrebbe essere quello di far appassionare i ragazzi al ciclismo e allo sport in generale, e di formarli per essere in grado di affrontare nel miglior modo possibile qualsiasi situazione, nello sport come nella vita.

Che importanza ha, secondo Claudio Cucinotta, la multidisciplinarità (Mtb, pista, strada) per rendere completo un giovane corridore?

Proprio la multidisciplinarietà rappresenta probabilmente il metodo migliore per formare degli atleti che sappiano guidare la bici in ogni condizione, creando in loro un grande bagaglio di esperienze che potranno applicare nelle più svariate situazioni. Ultimamente l’esempio più evidente ed utilizzato è quello di Sagan: probabilmente sarebbe andato forte in bici anche se da piccolo avesse corso solo su strada o magari anche se avesse giocato a golf, ma sicuramente non avrebbe acquisito la padronanza del mezzo che dimostra nelle situazioni più estreme. La tecnica di guida dipende dalle capacità coordinative, la cui possibilità di apprendimento è massima proprio nelle fasce di età corrispondenti alle categorie giovanili. Pertanto, più esperienze motorie faranno i ragazzi in questo periodo della loro vita, e maggiore sarà il bagaglio tecnico che potranno portare con loro nelle categorie successive.

Come è cambiato il ciclismo e la preparazione del ciclista da quando Claudio Cucinotta era un  pro ad oggi?

Sono passato professionista nel 2006 e ho fatto l’ultimo anno nel 2010, non sono passati quindi tantissimi anni. Nonostante ciò, qualcosa è cambiato nei metodi di allenamento, soprattutto grazie alla diffusione praticamente totale del misuratore di potenza. La tendenza è quella di privilegiare allenamenti ad alta intensità a discapito della quantità. La “vecchia scuola” prevedeva allenamenti molto lunghi, anche oltre le 7 ore a volte, ad intensità relativamente basse. Adesso è difficile vedere professionisti che si allenano per più di 6 ore (io personalmente difficilmente faccio andare oltre le 5h – 5h30′), ma all’interno di esservi sono numerosi tratti affrontati ad intensità di gara e a volte anche superiori.

Quanto è importante la tecnologia per studiare le prestazioni degli atleti e predisporre piani ad hoc?

La tecnologia è fondamentale sia per l’atleta, per riuscire ad allenarsi con precisione alle intensità corrette, che per il preparatore, che può analizzare con estrema precisione ciò che l’atleta fa, sia in allenamento che in gara. In questo modo, grazie all’interazione tra atleta e allenatore, e al controllo da parte di entrambi dei parametri soprattutto di potenza, sarà possibile impostare con maggior precisione i programmi di allenamento, per far arrivare l’atleta nelle migliori condizioni possibili quando realmente conta. Ovviamente non stiamo parlando di matematica, ma di esseri umani, pertanto non sempre è possibile prevedere tutti i fattori che determinano una prestazione. È proprio in questo che entrano in gioco la sensibilità e l’esperienza dell’allenatore e dell’atleta. Ovviamente stiamo parlando di atleti evoluti, dilettanti o professionisti. Come già detto nelle categorie giovanili non dovremmo parlare di allenamento ma di divertimento, i primi allenamenti strutturati e specifici potrebbero iniziare (più a scopo didattico che di miglioramento della performance, a parere mio) dalla categoria allievi. Mi capita spesso di avere richieste da parte di genitori di ragazzi esordienti, o addirittura giovanissimi, di testare i propri figli per impostare una programmazione dell’allenamento: mi sono sempre rifiutato di farlo, cercando di far capire ai genitori che a quell’età è troppo presto, i ragazzi devono divertirsi e imponendo loro degli allenamenti troppi strutturati, rischiano di annoiarsi e di abbandonare il ciclismo precocemente per mancanza di divertimento.

Quali sono le principali differenziazioni nei programmi che svolgono le varie “tipologie” di ciclisti?

L’allenamento ovviamente si differenzierà in base alla tipologia di atleta e la disciplina praticata. È ovvio che l’allenamento per un velocista della pista sarà profondamente diverso rispetto a quello di uno scalatore, mentre saranno molto più simili quelli di un biker che fa marathon e di uno stradista scalatore. Ci saranno molti elementi in comune anche tra due stradisti, ad esempio un velocista ed uno scalatore: dopotutto, i percorsi che affrontano, ad esempio in un grande Giro, sono gli stessi, quindi anche un velocista dovrà allenarsi in salita, ed uno scalatore abituarsi a fare volate in pianura. Si differenzieranno invece alcuni allenamenti specifici, volti al miglioramento delle doti di sprint nel primo, e alle salite nel secondo. Molto diversi saranno invece gli allenamenti di un velocista della pista e di un velocista su strada: il primo deve affrontare un torneo di velocità o un keirin in cui dovrà affrontare 4-5 volate massimali di 20″-30″ in un giorno, il secondo dovrà fare una sola volata ma al termine di una tappa di 200km, magari anche con 2000m di dislivello. La tipologia di allenamento andrà quindi adattata soprattutto al modello prestativo della gara che si dovrà affrontare, e ovviamente alle caratteristiche dell’atleta.

Come si gestisce la fase di recupero dopo un grande giro?

La questione della fase di recupero dopo un grande Giro è molto delicata e complicata. Come rispondo nella maggioranza dei casi quando mi viene fatta una domanda specifica sull’allenamento, la risposta è “dipende”. Dal tipo di atleta (ha fatto classifica? Ha tirato tutto il giro per il leader? O è un velocista che ha dovuto far fondo a tutte le sue energie per arrivare alla fine?), da come ha finito il giro (in crescendo o in calando?), e da quando dovrà rientrare alle gare. Non è possibile pertanto dare una risposta univoca, in quanto “dipende” dai fattori sopra elencati.

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