Michele Dancelli e la Milano-Sanremo 1970
Michele Dancelli fortissimo corridore in grado di battagliare nelle corse a tappe e nelle classiche, memorabile la vittoria alla Milano-Sanremo 1970
Michele Dancelli nasce a Castenedolo l’8 maggio 1942, sono anni duri per l’Italia e Michele si avvicina al ciclismo dividendosi con la professione di muratore. Le buone qualità dimostrate in sella gli valgono un ruolo di primo piano tra i dilettanti conquistando, nel 1962, la mitica Rho-Macugnaga ed il titolo di Campione Italiano 1963.
Le sue evidenti qualità lo mettono sotto i riflettori delle formazioni professionistiche e, nel 1963, approda alla Molteni sotto la guida di Giorgio Albani. Il primo successo tra i “grandi” arriva il 5 aprile 1964 al Circuito di Col San Martino ma la stagione’64 è assolutamente importante per Michele che conquista anche la seconda tappa del Giro d’Italia (chiudendo 21esimo in generale), Il Trofeo Cougnet in memoria del giornalista Armando Cougnet ed il GP Industria e Commercio di Prato davanti a Adriano Durante.
Ha talento Dancelli e nella seconda stagione da professionista arrivano ben 13 successi tra cui spiccano: due tappe al Giro d’Italia. chiudendo anche al dodicesimo posto in generale, il Giro dell’Emilia, il Giro del Veneto davanti a Italo Zilioli, la Coppa Placci ancora su Zilioli, la 4ª tappa del Giro di Romandia, il Giro dell’Appennino davanti a Guido De Rosso e si laurea campione nazionale il linea superando Vittorio Adorni.
Michele Dancelli vince la Freccia Vallone 1966
Nel 1966 Michele ottiene sei vittorie laureandosi nuovamente Campione Italiano grazie alla vittoria al Giro del Lazio su Italo Zilioli, vincendo la settima tappa della Parigi-Nizza e, soprattutto la Freccia Vallone superando, in un arrivo a tre, il francese Lucien Aimar ed il tedesco Rudy Altig.
Nel ’67, con i colori della Vittadello, arrivano otto successi con, tra gli altri, il Gran Premio Industria e Commercio di Prato davanti a Marino Basso, il Giro dell’Appennino con oltre 3 minuti di margine su Franco Bitossi ed il Giro dell’Emilia bruciando De Rosso.
Passato alla Pepsi-Cola per la stagione 1968 fa suo il Trofeo Laigueglia davanti a Luciano Armani, una tappa del Giro di Romandia, il Giro della Provincia di Reggio Calabria e una tappe e la classifica generale della Parigi-Lussemburgo davanti a Marino Basso e Felice Gimondi. Al via del Giro d’Italia ottiene un brillantissimo sesto posto a 12’33” da Eddy Merckx.
Dancelli sesto al Giro d’Italia 1969
Nel 1969 torna alla Molteni ed al Giro d’Italia chiude nuovamente al sesto posto a 14’05” da Felice Gimondi e prende parte per la prima ed unica volta al Tour de France, classificandosi ventesimo e conquistando una vittoria di tappa.
Michele Dancelli conquista la Milano-Sanremo 1970
Alla Milano-Sanremo il favorito numero uno è Merckx ma dopo solo sei chilometri il ciclista lombardo parte all’attacco per poi, una volta ripreso, riprovarsi a Novi Ligure, dove Aldo Moser collabora nel mettere “pepe” alla corsa con un’azione che taglia fuori dalla corsa sia Merck che Gimondi. Dietro iniziato a mangiare il vantaggio ma, ai meno 70 dall’arrivo, Dancelli esce dal gruppo superando in agilità Capo Mele, Capo Cervo e Poggio. Michele plana su Sanremo per ridare all’Italia una vittoria che manca da troppo tempo. Quel giorno nasce il suo soprannome “l’asso di fiori“.
Dancelli quarto al Giro ’70
Al Giro d’Italia 1970 vince quattro tappe, sfiora il podio chiudendo quarto a 7’07” da Merckx e chiude secondo nella classifica della maglia ciclamino.
Nel 1971 passa alla Sic ma alla Tirreno-Adriatico è vittima di una terribile caduta in cui si frattura il femore, la sua carriera vira verso la china. L’anno dopo chiude terzo a a 1’49” da Louis Pfenninger al Giro di Svizzera, aggiudicandosi anche la classifica a punti ma al Giro viene qualificato per essersi fatto trainare, così come accede l’anno successivo. Nel ’74 veste la maglia della Dreherforte con cui chiude la propria carriera professionistica.
Nel 2020 è uscito un libro sulla carriera del ciclista: “Michele Dancelli, l’asso di fiori” scritto da Paolo Venturini.