Vito Taccone il Camoscio d’Abruzzo

Vito Taccone

Vito Taccone

Vito Taccone campione e personaggio unico

Vito Taccone, il Camoscio d’Abruzzo, personaggio unico del ciclismo anni ’60 grazie anche alle partecipazioni al Processo alla Tappa 

Vito Taccone nasce ad Avezzano l l’8 maggio 1940 in una famiglia di umili origini. Rimasto orfano del padre sin dalla tenera età, Vito è costretto a trovare precocemente un lavoro per contribuire a far sbarcare il lunario alla famiglia. Il giovane taccone inizia facendo il pastore e poi trova lavoro come garzone nella bottega di un fornaio. Il suo compito sono le consegne a domicilio alle trattorie del luogo ma una mattina, dopo aver perso la corriera che lo accompagna al lavoro, decide di caricare sulla sua bicicletta quasi 80 chili di pane e di consegnarle pedalando

Pedala che ti pedala, Taccone viene notato da un vecchio ciclista abruzzese, Enrico Eboli che osservandolo scalare la salita del Salviano si accorge del talento di questo ragazzino e lo avvicina al mondo delle corse giovanili.

Dopo la consueta trafila nelle categorie giovanili e dopo essersi messo in luce con la vittoria al Targa Crocifisso del ‘60, nel 1961 fa il suo esordio tra i professionisti con i colori della Atala-Pirelli.

Le doti di scalatore, la grinta e la voglia di emergere lo rendono subito protagonista tra “i grandi”.In breve tempo Taccone diventa amatissimo dai tifosi, conquista al suo esordio al Giro d’Italia la tappa Bari-Potenza e la maglia verde di miglior scalatore. Sempre nel ’61 fa sue due frazioni e la classifica generale alla Tre Giorni del Sud ed ecco che nasce subito soprannome “Camoscio d’Abruzzo”: come sale Taccone in pochi lo sanno fare. Nel suo anno d’esordio trionfa, inaspettatamente, al Giro di Lombardia precedendo di tre secondi Imerio Massignan della Legnano.

Il 1962 vede Taccone trionfare al Giro del Piemonte davanti a Franco Cribiori e al Giro d’Italia vinto da  Franco Balmamion chiude in quarta posizione a 5’21” dal vincitore.

Vito Taccone diventa uno degli astri emergenti del ciclismo italiano e il 1963 è un anno veramente ricco di soddisfazioni che consacra il camoscio d’Abruzzo come fenomeno vero. Con la maglia della Lygie, Vito conquista ben quattro frazioni del Giro d’Italia: La Spezia-Asti, Asti-Oropa e Biella-Leukerbad tre giorni di fila (decima, undicesima e dodicesima tappa) e più tardi, alla 19esima frazione da Belluno a Moena arriva il quarto squillo. In generale chiude al sesto posto ma conquista nuovamente il titolo di miglior scalatore della corsa rosa.

Una regione poco avvezza al ciclismo e che timidamente cerca di alzare la testa negli anni del boom economico del nord Italia trova il suo eroe popolare in Vito Taccone amato e ben voluto da tutti i suoi corregionali ma anche in tutto lo stivale.

Persona sincera, schietta e genuina, Vito diventa un personaggio pubblico amatissimo tanto da essere praticamente ospite fisso del mitico Sergio Zavoli al Processo alla Tappa. Tra i due nasce una vera intesa, il mito vuole che Zavoli posizionasse il buon Vito al suo fianco rifilandogli un calcetto per dare il via alle pungenti “sparate” di Taccone che infiammavano gli ospiti e soprattutto il pubblico.

Nel ’64 Taccone, con la maglia della Salvarani, conquista il Giro di Campagna, una tappa al Tour de Romandie e una al Giro d’Italia dove però è costretto al ritiro. Lo stesso anno fa il suo esordio al Tour de France senza trovare però gloria tanto da essere costretto al ritiro. Alla Grande Boucle ’64 il carattere sanguigno dell’abruzzese lo porta a scendere di sella per prendere a pugni l’iberico spagnolo Fernando Manzaneque reo di avergli rubato del ghiaccio preso al rifornimento. Taccone era già stato al centro di tensioni durante la corsa francese venendo accusato di provocare cadute nelle volate per via dei suoi scatti scomposti e quell’episodio lo porta a decidere di non presentarsi più al Tour.

Taccone, carattere irascibile e un po’ fumantino, è però un corridore sincero e leale tanto da entrare nelle simpatie del cannibale Eddy Merckx che in una tappa del Giro con arrivo in Abruzzo trovandosi in maglia rosa decide di non rispondere al un attacco di Vito per consentirgli la vittoria. Taccone non riesce a vincere la tappa e Merkcx perde la maglia rosa.

“Probabilmente Merckx bestemmiò in fiammingo quando gli dissi di non aver vinto” ricorderà anni dopo l’abruzzese.

Nel 1965 conquista la Milano-Torino impreziosendo ulteriormente il suo palmares, nel 1966 conquista la prima tappa del Giro d’Italia vestendo la maglia rosa per un solo giorno.

Nel 1968 al Campionato del Mondo di Imola vinto da Vittorio Adorni, Taccone chiude al quinto posto assoluto dopo aver collaborato con la squadra azzurra.

Taccone lascia il ciclismo al termine della stagione 1970 andando a sfruttare la propria popolarità per lanciare alcune attività commerciali come la produzione dell’Amaro Taccone e candidandosi alle elezioni locali tra le fila del Partito Repubblicano.

Nel 2007, divenuto titolare di un’azienda di abbigliamento sportivo, è coinvolto in un’inchiesta della Guardia di Finanza per associazione a delinquere finalizzata al commercio di capi di abbigliamento con marchi contraffatti o provenienti da furti.

Vito Taccone muore a 67 anni, il 15 ottobre 200, per un infarto forse legato allo stress delle vicende giudiziarie che lo avevano visto protagonista. Se il carattere di Vito fosse stato più malleabile probabilmente avrebbe potuto vincere un Giro d’Italia ma, forse, Taccone resterà sempre amato dagli appassionati di ciclismo proprio per il suo modo d’essere sempre esuberante e burbero.