Di Luca, ciclismo e calcio due mondi diversi

Di Luca: ciclismo e calcio regole troppo diverse

Di Luca: ciclismo poco tutelato, calcio un altro pianeta il caso di Giuseppe Signori emblema della situazione

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Di Luca ciclismo poco tutelato! Quando parla Danilo, può piacere o meno, c’è sempre tanto rumore. Tutto parte da un articolo apparso su tuttobiciweb in cui veniva affrontata la premiazione di Giuseppe Signori, ex atleta del Bologna Football Club 1909, festeggiato allo stadio Renato Dall’Ara per i suoi 50.

L’articolo in questione sollevava il dilemma se questa festa fosse in realtà un farsa in cui tutti si sono dimenticati dello “scandalo” che coinvolte il giocatore. Beppe Signori, infatti, il primo giugno 2011 venne arrestato nell’ambito di un’inchiesta legata alle scommesse nel mondo del calcio. Il 9 agosto dello stesso anno la Commissione disciplinare della FIGC gli commina cinque anni di squalifica con radiazione da qualsiasi categoria o rango della Federazione.

L’articolo si chiude con la provocazione: “Vi immaginate cosa potrebbe succedere se Lance Armstrong fosse festeggiato al Tour de France o Danilo Di Luca al Giro d’Italia?”

L’articolo ha stimolato Danilo Di Luca a dire la sua sulla presunta “farsa” Signori. Danilo, sentitosi chiamato in causa dal pezzo, soprattutto perché accostato a Lance Armstrong, si è concesso “una riflessione” a voce alta.

Il corridore di Spoltore sottolinea come nel calcio “non valgano le regole vigenti per tutti gli altri sport, CICLISMO compreso” e, soprattutto, come il ciclismo “non sia stato nelle condizioni di tutelarsi, o di farsi tutelare”.

Di Luca, giustamente o meno, non ha gradito il trattamento ricevuto che lo ha “relegato nel girone dei dopati e radiato da quello che per anni è stato il mio mondo”. Il “killer”, come era soprannominato, reclama il fatto di non essersi discostato nei comportamenti tenuti da tutti i membri del gruppo e di aver “esercitato la mia professione nel modo migliore consentitomi dai miei mezzi, dalla mia feroce volontà agonistica, accettandone i sacrifici ed i rischi, adeguandomi a quel mondo”.

“Il problema, tragico e per il quale si stanno ancora pagando le conseguenze – prosegue Di Luca – è stata la mancanza di un vero e sincero spirito di corpo proprio tra di noi Ciclisti Professionisti che ci abbia fatti sentire ed intendere, con una sola voce”.

Lo spirito autolesionistico del ciclismo viene additato da Danilo Di Luca come un male quasi superiore al Doping stesso. Tutto il circus del ciclismo si è mosso con la logica del “Mors tua, vita mea in un ambiente ipocrita che ha paura di dire le cose e che scarica in un attimo chi stava idolatrando pur sapendo dell’inganno”.

Danilo Di Luca fa un accenno al Caso Froome per sottolineare come “la legge non sembra essere uguale per tutti. Eppure nessuna voce autorevole, men che mai delle istituzioni del ciclismo, si è levata per stigmatizzare, e chiarire risolutamente e tempestivamente, una vicenda che non mi pare faccia del bene al Ciclismo”.

Una posizione dura quella del Killer di Spoltore che definisce i ciclisti come cavie ma che, anche se qualcuno lo considera come “un dannato dopato, radiato dal ciclismo” ci mette la faccia “senza paura di dire quella verità che tutti conoscono, ma di cui ben si guardano dal parlarne a viso aperto”.