Misuratori di Potenza: stop di Alberto Contador

Misuratori di Potenza: Contador conferma la sua contrarietà

Misuratori di Potenza
Misuratori di Potenza

Misuratori di Potenza, prosegue la “lotta” per eliminare questo strumento reo di togliere un po’ di poesia e fascino al ciclismo moderno. L’ultima posizione arriva da Tucson dove si è sviluppato il Training Camp della Polartec-Kometa di Alberto Contador.

Inizialmente il destinatario delle “polemiche” era il team Sky di Froome, ma ora quasi tutti i team pianificano le proprie tattiche in base ai dati del misuratore di potenza.

Lo strumento, già vietato nelle gare su pista, secondo i detrattori andrebbe rimosso anche dalle competizioni su strada. In realtà in pista viene usato “in differita”: i dati vengono raccolti ma non visualizzati durante le gare.

Ora, non tutti i problemi di carenza di spettacolarità dipendono dagli strumenti elettronici ma in parte ne sono influenzati. Naturalmente tutto poi dipende dalla mentalità del corridore (ve lo immaginate il Pirata che non scatta per un dato sul computerino?), dalle condizioni di gara e dalle forze dei team ma è palese che, al momento, tecnologia e profondità di organico premiano il Team Sky.

Misuratori di Potenza: intervenire sulla lunghezza delle tappe?

Una via alternativa, e forse più premiante, potrebbe essere quella proposta da Francesco Moser una quindicina di anni fa e sposata oggi da Alberto Contador: ridurre la lunghezza delle tappe.

A inizio millennio la proposta era legata alla triste piaga del doping: meno chilometri, meno fatica, meno ricorso al doping. Oggi potrebbe consentire a più corridori di essere competitivi incrementando la rosa di potenziali vincitori delle tappe e aumentandone velleità e “garra” agonistica. Pensate a un neo pro, abituato a corse brevi e razzenti, trovarsi in un tappone dolomitico di 180 km, dovrebbe necessariamente riporre l’ascia di guerra con il solo obiettivo di non naufragare. Una tappa di 100 km, anche costellata di salite, potrebbe essere invece più abbordabile e incentivante per gli attacchi.

La Vuelta ha adottato molte volte questo criterio, aumentando anche il dislivello in gara. I risultati sono stati buoni ma un po’ “snaturanti” del nostro sport. Evidentemente una soluzione per aumentare la qualità delle corse va trovata e come ogni soluzione ha i pro e i contro del caso. Se parlassimo con i “diesel” del gruppo (per parlare del recente passato pensiamo a Miguelon Indurain) ci direbbero che questa soluzione è errata, se parlassimo con i corridori più razzenti sposerebbero questa idea.

Ora non ci sentiamo di proporre una panacea ai mali del ciclismo ma forse piccoli accorgimenti avrebbero più successo che i paventati “cambiamenti epocali” come la riduzione delle settimane di corsa da tre a due per Giro e Vuelta.