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Intervista a Fabio Panchetti

Redazione - Michele 25 Maggio 2017 4 min read

Intervista esclusiva per ciclonews.biz a Fabio Panchetti autore de “Il Giro d’Italia in cento imprese”, edito da Gremese

Incontriamo oggi Fabio Panchetti autore de “Il Giro d’Italia in cento imprese”, edito da Gremese che racconta una storia per ogni giro disputato.

Ciao Fabio anzitutto grazie per la tua disponibilità e complimenti per il tuo libro, davvero molto interessante, di piacevolissima lettura  e con un format assolutamente originale.

Come nasce la tua passione per il ciclismo?

La mia passione per le due ruote nasce anzitutto per tradizione di famiglia, mio nonno era un corridore ma purtroppo non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo.Il vero “colpo di fulmine”, però è stato, quando avevo cinque anni, al Giro di Toscana con partenza in Piazza della Signoria a Firenze. Mio padre mi indicò il giovane Moser (per cui stravedeva). Io gli gridai “Forza Moser”, lui mi prese in braccio e mi tenne li per quasi dieci minuti.

La cosa splendida è che quel giro di Toscana

arrivava a pochi chilometri da casa mia e, con mio padre scendemmo in strada per vedere l’arrivo. E chi vinse? Proprio Francesco!

Beh allora era proprio nel tuo destino la passione per Moser?

Tu pensa che la sera della corsa andammo a cenare in pizzeria e trovammo Francesco con la squadra che festeggiava la vittoria. Moser, devo ammetterlo, è proprio io mio idolo dello sport, non solo del ciclismo. Mio figlio poi, fin da quando era nella pancia della madre, ha trascorso le sue vacanze a Palù, abbiamo incontrato Moser trascorrendo delle bellissime giornate con lui.

Hai mai corso in bicicletta?

Ci ho provato ma ero troppo scarso, però il ciclismo è un vero pezzo della  mia vita, ho la storia del ciclismo proprio nella testa e nel cuore.

Tu segui ciclismo e pugilato, cosa li accomuna?

I tuoi sport hanno in comune sicuramente il senso di fatica e di sofferenza. L’essere soli davanti alla fatica è qualcosa di epico. Nella boxe il mio idolo era Vito Antuofermo, adoravo il suo modo di combattere e fin da piccolo bicicletta e boxe sono state il mio mondo. Questi sport sono la mia vera passione, vivo per lo sport in quanto è una delle emozioni forti della vita.

Hai raccontato 100 episodi dei 100 giri d’italia, qual è la “tua tappa”?

La tappa che ricordo con più rabbia  è la crono dell’84  in cui Moser si giocava la vittoria del Giro nella cronometro finale: la trasmissione “Bliz” della Rai andò troppo lunga e il collegamento passò a De Zan quando ormai Francesco stava entrando all’Arena di Verona con la folla in delirio, un rabbia assurda ma che goduria vedere quella vittoria del Giro (questo aneddoto è ben raccontato proprio nel libro).

Quella più emozionante è stata la tappa Salsomaggiore dell’81  in cui Moser, ormai fuori classifica, andò all’attacco e divenne addirittura maglia rosa virtuale recuperando a tutti un sacco di tempo, peccato che poi non andò a buon fine il tentativo di conquista del Giro.

Chi è il tuo campione preferito del ciclismo attuale?

Guarda, ho avuto la fortuna di commentare in TV un giovanissimo Vincenzo Nibali che all’Eneco Tour, in Belgio,   fece una cronometro bellissima in cui mi ricordò Felice Gimondi e alla festa del Fans club nel 2007 gli dissi: tu puoi vincere tutti e tre i grandi giri. Sono felice di essere stato “profetico”.

Credo che Vincenzo sia un po’ sottovalutato ma per lui parla il palmares e anche quello che ha fatto l’altro giorno al Giro è la conferma della sua infinita classe.

Come vedi la situazione dei ciclismo attuale? C’è ancora la parte poetica del Giro e del ciclismo?

Qualche giornata poetica c’è ogni anno; i tempi cambiano e credo che una delle cose negative del ciclismo siano le radioline. Hanno un ruolo importante ed è ovvio che non  si possano togliere perché hanno anche una funzione di sicurezza nella corsa ma forse negli ultimi km della corsa si potrebbero “spegnere” perché la loro presenza toglie una parte di imprevedibilità nelle corsa.

Hai parlato di sicurezza, non è un bel momento per i ciclisti sulle strade d’Italia. Secondo te che cosa si può fare per rendere la strada più sicura?

Guarda la speranza sono i giovani che hanno una cultura della sicurezza stradale maggiore di quella della mia generazione. Non c’è rispetto per i ciclisti, la gente non ha la pazienza di attendere il passaggio di un ciclista.

C’è  poi una vergogna che non posso tacere: la follia di gruppi su Facebook che inneggiano alla “caccia al ciclista”. Un fenomeno assurdo e pericolosissimo, da stroncare assolutamente.

Anche la situazione delle strada non aiuta la sicurezza?

Ci sono delle situazioni assurde che costringono i cosiddetti  “ciclisti della domenica” a dover rinunciare allo stare sul bordo della strada: buche e tombini sono davvero un pericolo per gli amanti delle due ruote. Ecco, anche le municipalità potrebbero intervenire per rendere più sicure le strade ma alla fine è tutta una questione di cultura che latita.

Ti ringrazio per la tua disponibilità e mi complimento per la bellezza del tuo libro che abbiamo recensito, davvero un vademecum indispensabile per conoscere tanti aneddoti legate alla corsa rosa!

 

 

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Tags: Felice Gimondi Vincenzo Nibali

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