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Pantani, Tafi, Squinzi la Mapei e il Processo alla Tappa

Redazione - Michele 10 Ottobre 2019 4 min read

Pantani, Tafi, Squinzi la Mapei e il Processo alla Tappa

Pantani, Tafi, Squinzi la Mapei e il Processo alla Tappa ecco cosa accadde il 21 maggio 1999 a pochi giorni da Madonna di Campiglio

Il caso Pantani
Il caso Pantani

Pantani nel 1998 dopo la doppietta Giro-Tour è il ciclista più famoso e “desideerato” al mondo. Il suo team, la Mercatone Uno, lo ha “scortato” alla vittoria di questo storico “doublete” ma, a dispetto dei grandi team, è di poco peso “politico” ed economico. Telekom e Mapei sono delle corazzate da roster e bugdet assolutamente inarrivabile e proprio la Mapei di Giorgio Squinzi butta gli occhi (e non solo) sul Pirata di Cesenatico.

Il Team Mapei, nelle ultime annate, ha vinto tutto quello che c’era da vincere per ciò che concerne le corse da un giorno mentre nelle gare a tappe non ha ottenuto allori ed è reduce dal secondo posto di Pavel Tonkov al Giro ’98.

Nell’agosto del 98 Marco sta dando le ultime pedalate per portare la maglia gialla a Parigi e al patron Squinzi viene l’idea di proporre un contratto al Pirata. Secondo quanto indicato anche da RomagnaOggi l’offerta è da capogiro: 15 miliardi di vecchie lire per tre stagioni.

Marco decide di restare alla Mercatone Uno di Giuseppe Martinelli, allora DS del Team Emiliano Romagnolo come confermato, a distanza di anni, dal giornalista Philippe Brunel:

“il signor Squinzi… fece di tutto per riuscire ad avere Pantani nella sua squadra”.

Lo stesso Martinelli, come riportato dal quotidiano Romagnolo, confermerò negli anni questa voce:

“la Mapei lo voleva e ci fu un colloquio in agosto. Marco aveva il contratto in scadenza, con noi non aveva ancora rinnovato l’accordo. Declinò l’offerta di Squinzi e decise di restare con il suo gruppo”.

Il rifiuto non piace al patron di Mapei e tra il gruppo sportivo e il Pirata inizia una sorta di “guerra fredda” che, nove mesi dopo, esplose a latere di una frazione del Giro 1999.

Il  21 maggio 1999 si svolgono i controlli antidoping del Coni per la campagna “Io non rischio la salute”, sono verifiche su base volontaria, non i “classici” controlli legati alla corsa (e quindi non obbligatori ne validi per eventuali esclusioni).

Il gruppo, già iper-controllato, si oppone a questo ennesimo controllo e in molti pressano Pantani perché si faccia portavoce del pensiero diffuso. Marco prende posizione difendendo la posizione del gruppo che, però, non riesce a restare unito: tre formazioni decidono di aderire ai controlli tra cui proprio la Mapei in cui corre Andrea Tafi.

Dopo l’arrivo a Lanciano, durante l’immancabile Processo alla Tappa ecco che nello studio della trasmissione di “mamma Rai” c’è il confronto tra Tafi e Pantani.

“La Mapei è favorevole ai controlli, possiamo discutere sulla modalità, ma non sulla sostanza” dice Tafi a cui Marco ribatte: “Oggi dicevi una cosa diversa. Non parli con la tua testa, ma esprimi la linea della società”.

Il 22 maggio del 1999 la tappa affronta il  Gran Sasso e prima della partenza Pantani affronta Tafi e gli fa capire che la posizione presa può spaccare in due il gruppo.

Tafi, portacolori della Mapei che si era dissociato dalla protesta contro gli ulteriori test anti doping, durante la corsa viene insultato da alcuni esponenti del gruppo (Pantani non assolutamente è tra questi). Tafi si lascia sfilare in fondo al plotone e lamentando gli insulti anche nei confronti della moglie, scoppia in un pianto e minaccia di ritirarsi dalla corsa.

«Mi ritiro, mi ritiro» ripete mentre l’ammiraglia Mapei si avvicina e lo sostiene e gli fa cambiare idea. Il vincitore della Roubaix all’arrivo non dice i nomi dei “protagonisti” ma il portavoce del team definisce l‘iniziativa come “mafiosa”.

La polemica non si placa, Pantani dice che i suoi attacchi li fa in corsa mentre pare che Squinzi abbia dichiarato che Pantani ha alzato la bandiera di sindacalista perché teme di essere “beccato”.

Il Pirata risponde per le rime:

“Il signor Squinzi non può parlar da lontano e attraverso i comunicati all’Ansa. Il signor Squinzi mi voleva a tutti i costi in Mapei e non mi ha avuto. Ho solo detto che non devono sovrapporsi tanti test di tanti organismi diversi, che, operando sulla nostra pelle, sembrano avere lo scopo di mettersi in dubbio l’uno con l’altro. I suoi sono tutti puliti? Spero che i ragazzi della Mapei, tra i quali ho molti amici, non debbano mai avere problemi con l’antidoping, perchè sarebbe loro difficile raccogliere la solidarietà del gruppo. Il documento che hanno sottoscritto: capisco che talvolta la voce del padrone sia più forte della loro. Anche Tafi dà pareri sovrapposti: concorda con la nostra protesta, ma si dice disponibile a ogni tipo e numero di controlli. Forse non parla completamente libero dalle opinioni della società”

Pantani segnala che in caso di ulteriori controlli i ciclisti sono pronti ad abbandonare la corsa rosa, quindici giorni più tardi, il 5 giugno a Madonna di Campiglio i controlli UCI gestiti da Federciclismo rilevano un tasso di ematocrito fuori soglia e quel giorno inizia la discesa agli inferi del Pirata.

Ad Aprica il Giro arriva senza maglia rosa, Savoldelli secondo il classifica si rifiuta di indossarla per rispetto del Pirata mentre il Patron Squinzi all’arrivo indossa la maglia “io tifo Tafi”.

Opportuno o non opportuno quel 5 giugno del ’99 segna uno squarcio nel mondo del ciclismo e un solco nella vita di Marco Pantani, nulla sarà più come prima

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Tags: Giorgio Squinzi Marco Pantani Mercatone Uno

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