Il dorsale numero 13 nel ciclismo

Il numero 13
Il dorsale numero 13 e la sfortuna
Il dorsale numero 13 tra cabala e superstizione, uno dei numeri meno desiderati da portare sulla schiena per un ciclista
Il dorsale numero 13 è uno dei numeri meno graditi dai ciclisti. Nello sport, come in molti altri campi della vita, la cabala e la superstizione sono presenti in modo spesso importante. Non è raro vedere un ciclista tagliare il traguardo e baciare una collanina, estrarre una foto da una tasca o fare un gesto rivolto al cielo. Mario Cipollini, era solito portare con in bicicletta un’immagine di padre Pio che teneva incollata sotto il manubrio. In tanti ciclisti sono soliti temere la tredicesima tappa di ogni Giro o Tour Figuratevi quando al venerdì è prevista la tredicesima tappa: in quei giorni l’aria è tesa sin dalla partenza.
In termini tecnici, la paura del numero 13, si chiama triscaidecafobia (dal greco τρεισκαίδεκα treiskaídeka, “tredici” e φόβος phóbos, “paura”) ed ha origini antichissime, mitologiche ed in alcuni casi legate alla religione stessa. Giuda, il tredicesimo apostolo che tradì Gesù è uno dei motivi della fobia contro questo numero ma il ciclismo ha “definito” richiami tutti suoi legati a questo numero
Una delle scaramanzie tipiche del ciclismo è legata al dorsale numero 13. Il numero tredici nel ciclismo è legato, come nella vita comune per chi crede alla superstizione, ad alcuni accadimenti. In molti ricorderanno che Tom Simpson morì tragicamente proprio il 13 di luglio del 1967 proprio nella tredicesima frazione del Tour de France.
Il dorsale numero 13 è diventato segno non molto gradito tanto che non è inusuale vedere, chi lo riceve, portare il dorsale capovolto.