Christine Catlin aveva intuito il malessere di Kelly

Christine Catlin ricorda gli ultimi giorni di Kelly

Christine Catlin e la famiglia di Kelly ricordano l’escalation negativa che ha portato al suicidio della giovane atleta

Kelly Catlin (fonte pagina Twitter)
Kelly Catlin (fonte pagina Twitter)

Christine Catlin lo aveva capito, aveva capito che Kelly aveva qualcosa che non andava. Erano passati alcuni giorni nel silenzio, i messaggi di chat non letti, le telefonate erano dirottate alla voce gracchiante della segreteria telefonica. I vuoti di comunicazione non erano rari con Kelly spesso in giro per il mondo impegnato in qualche competizione ma questa volta la cosa suonava strana, era un silenzio diverso

“Ho avuto un brutto presentimento quando la mamma mi ha detto che non riusciva a parlare con Kelly, non ero sorpresa ma sono scoppiata in pianto premonitore” ha raccontato Christine Catlin a VeloNews . 

Va detto che a fine gennaio Kelly Catlin aveva già tentato il suicidio nel suo appartamento nel campus della Stanford University. Il tentativo era fallito, Kelly era stata trovata in bagno, sguardo fisso su di uno specchio stravolta dai gas tossici inalati. La giovane ciclista era stata ricoverata una settimana presso l’Ospedale di Stanford. Dopo le dimissioni Kelly aveva spiegato a Mark Catlin e Carolyn Emory (i genitori) che non avrebbe più provato un simile gesto e aveva iniziato un percorso di terapia di gruppo. In ospedale Kelly aveva parlato con uno psicologo ma poi aveva firmato per essere dimessa. I genitori della ragazza hanno quindi insistito perché partecipasse a sessioni di terapia di gruppo ma ben presto ha smesso considerando gli incontri una perdita di tempo.

Purtroppo Kelly è stata trovata priva di vita, vittima dell’inalazione di gas tossici, gettando nella disperazione la famiglia e la Rally Pro Cycling di cui faceva parte.

Kelly capelli corti, sorriso luminoso e tanta grinta è stata ricordata dalle compagne come timida e determinata, sempre concentrata sul ciclismo.

Ma Kelly non era solo “ciclismo, Kelly era da sempre un talento, nello sporto, nella musica e nelle lingue. Amante del violino e dell’heavy metal della fantascienza e della matematica, sempre pronta alle sfide e forse troppo competitiva.

Dopo la tragedia, la famiglia Catlin ha iniziato a chiedersi se proprio questa determinazione estrema l’abbia spinta un percorso emotivo malsano che ha portato al suo suicidio.

“Il suo sentimento prevalente era l’orgoglio per essere una studentessa laureata e al tempo stesso una ciclista professionista.  Quando le cose sono andate male, è entrata in crisi – ha spiegato il padre a VeloNews – altri avrebbero preso un pausa ma lei non si dava pace e, non sentendosi più all’altezza dei suoi standard interni, si è uccisa”.

Kelly è stata portata al ciclismo da suo fratello, Colin (che ha iniziato a correre sul ciclocross all’età di 14 anni) amava il lato analitico del ciclismo ed è stato rapidamente risucchiato dall’enfasi dello sport sulla formazione scientifica.

La carriera ciclistica di Kelly è decollata rapidamente. Nel 2014, ha frequentato un camp del  Comitato Olimpico degli Stati Uniti ed è  stata scelta, insieme a Chloé Dygert, Jennifer Valente e Ruth Winder, per competere nell’inseguimento alle Olimpiadi del 2016.

“Kelly voleva raggiungere la perfezione in tutto ciò che faceva, non voleva mai mostrare debolezza, voleva sempre rendere tutti orgogliosi, e prima di tutto, non voleva mai deludere nessuno” racconta Andy Sparks, allenatore della squadra statunitense.

Kelly Catlin e la squadra statunitense a Rio 2016 hanno vinto la medaglia d’argento dopo una serrata battaglia con la squadra della Gran Bretagna nel round finale. Sempre severa con se stessa Kelly restò inizialmente delusa di non aver confermato l’oro Olimpico della nazionale USA.

Un punto chiave per comprendere le motivazioni di Kelly è probabilmente legata alla sua personalità riservata.  Quando Kelly si è trasferita a Colorado Springs ha sempre voluto gestirsi in autonomia, non ha mail voluto chiedere aiuto al team o a vicini.Non si è mai troppo aperta o confidata con le colleghe di squadra ma, in privato, Kelly ha ammesso alla sua famiglia che stava cominciando a sentirsi male.

“Ci ha detto che si sentiva intrappolata da questi obblighi – racconta Mark Catlin -Le abbiamo detto che poteva tirarsi indietro ma voleva essere all’altezza delle sue aspettative”.

Nelle ultime settimane Kelly si lamentava di sentirsi apatica nei suoi allenamenti, di sentirsi quasi in trappola e schiacciata dai pensieri. Un incidente a inizio gennaio le aveva lasciato in “dono” una serie di vertigini e di dolori alla testa a causa di una commozione celebrare.

“Prima dell’incidente le sembrava ancora di avere il controllo su se stessa –  racconta Carolyn Emory – dopo la commozione cerebrale, ha espresso il timore che stesse diventando matta”.

Il primo fallito tentativo di suicidio aveva lasciato strascichi nel fisico della ragazza: l’inalazione dei gas tossici ne avevano danneggiato cuore e polmoni e anche allenarsi era diventato più duro tante che in una delle ultime chiamate con la famiglia aveva espresso il desiderio di chiudere con il ciclismo.