Robin Parisotto si esprime sul caso doping nel ciclismo
Robin Parisotto parla delle vicende doping nel ciclismo
Robin Parisotto parla dei casi di doping nel ciclismo tra cui quello del capitano del Team Sky Chris Froome.
Robin Parisotto è un noto scienziato dell’antidoping che da sempre è in prima linea per combattere la piaga del doping dilagante nel mondo dello sport professionistico (e non solo).
Sulla scia di diversi scandali di doping un parte dei commentatori hanno sostenuto che liberalizzare il doping potrebbe essere un sistema per attutirne le conseguenze ed evitare che i “furbi” possano passare tra le maglie dell’antidoping ottenendo un vantaggio competitivo.
“Fino a quando la nostra capacità di testare e identificare l’assunzione di sostanze non sia radicalmente migliorata, dovremmo permettere quello che chiamo drogaggio fisiologico”, ha scritto Savulescu sul sito di The Conversation “Stabilendo limiti sicuri per i valori fisiologici come i livelli di testosterone e l’ematocrito così da mirare i controlli su come i livelli vengano raggiunti”. Savulescu, a seguito di grandi scandali, ha spesso chiesto di cambiare il metodo dei controlli antidoping.
Di tutt’altro avviso è Robin Parisotto, uno scienziato antidoping molto apprezzato che ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo di un test per l’EPO prima delle Olimpiadi di Sydney nel 2000, che è detto in completo disaccordo con la nozione di “free-for-all”.
In una recente intervista a https://cyclingtips.com ha sottolineato come, per natura umana, l’imbroglio non può essere eliminato e spesso i meccanismi di controllo sono influenzati dalla corruzione oltre che dalla assenza di una reale volontà di stroncare il problema.
Liberalizzare il doping sarebbe, evidentemente, molto peggio dell’attuale sistema oltre che una dichiarazione di resa. Insomma se si aprisse al doping il rischio non è che il pensiero ricorrente sarebbe “se tutti si dopano allora meglio non doparsi” ma, al contrario, sarebbe una spinta ad andare sempre oltre il limite.
“L’idea di aprire al doping sarebbe deleteria e omicida” ha dichiarato Parisotto che ritiene impossibile stabilizzare i controlli in un mondo senza regolamento antidoping.
Secondo il dottore non è praticabile una via che preveda l’assenza di limiti all’assunzione di sostanze anche sotto controllo di medici designati. Insomma la logica “se è tutto controllato da medici e tutti ricevono la stessa dose non vi sarà chi bara” è assolutamente inapplicabile.
E’ un po’ come pensare che se una persona assume una aspirina contro il mal di testa non vi sia nessuno che ne prenda 5 per evitare che ritorni il dolore.
Parisotto oltre ad aver lavorato per lo sviluppo del test EPO, è stato anche membro fondatore del pannel dell’UCI per l’introduzione del passaporto Biologico e sostiene che indipendentemente dal regolamento gli atleti hanno la propensione a cercare un vantaggio competitivo sempre maggiore.
Se fosse consentita una piccola quantità di una sostanza che attualmente è bandita, è probabile che la spinta sia per superare anche quel limite imposto (un po’ come avvenne per la soglia del 50% di ematocrito).
“Questo è il principio dei guadagni marginali – dichiara Parisotto – essere sempre al limite, al margine. Questo sentiero è molto rischioso e scivoloso, cadere sarebbe un attimo”.
La liberalizzazione avrebbe poi fortissime implicazioni etiche: chi può assumere sostanze e come si può pensare che fisici diversi reagiscano egualmente? A quale età sarebbe etico entrare in un programma di “doping liberalizzato”? E ancora, le donne potrebbero assumere gli stessi farmaci dei colleghi uomini? La risposta a conosciamo bene: liberalizzare sarebbe una follia!
L’esperto studioso australiano è fin troppo consapevole delle lacune dell’attuale sistema (tanto di aver inscenato una plateale protesta nel 2016) ma è altrettanto certo che la liberalizzazione porterebbe allo sfacelo.
“Secondo il mio parere ci vuole un sistema in cui si sappia che non esistono deroghe o escamotage, in cui le regole sono certe e anche le sanzioni. In questo momento il punto debole è qui, non vi sono certezze assolute”.