Salvaciclisti, Gianni Bugno rilancia l’iniziativa

Salvaciclisti: ecco la visione di Gianno Bugno

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Salvaciclisti: l’idea di Gianni Bugno

Salvaciclisti, una norma di civiltà che viene spinta anche da Gianni Bugno che, ne abbiamo parlato già qualche giorno fa, ha affermato che da tre anni non pratica più il ciclismo per ragioni di sicurezza.

“Mi sono stancato di litigare con gli automobilisti è troppo pericoloso – ha dichiarato Gianni Bugno ad Avvenire – se sono da solo, ho paura di trovare qualcuno che mi stringe, se sono al sicuro di un gruppo, c’è sempre una macchina che arriva dietro e suona”. In effetti uscendo in bicicletta a tutti è capitato, pur mantenendo un comportamento idoneo ed educato di trovarsi di fronte a automobilisti indisciplinati.

La mancanza di sicurezza stradale potrebbe comportare anche una riduzione di praticanti e lo stesso campione non nasconde la sua preoccupazione in materia  “se un genitore mi dice che non fa praticare ciclismo a suo figlio per non farlo pedalare sulla strada, come posso dargli torto?”.

Salvaciclisti: l’idea di Bugno

Il rispetto delle norme della strada è un obbligo e un impegno per tutti ma secondo Gianni Bugno “Automobilisti, motociclisti, ciclisti, pedoni: ognuno dovrebbe riflettere sul proprio comportamento e rispettare tutti gli altri, invece si finisce per pensare solo a se stessi”.  L’ex campione del mondo ha aggiunto “La cosiddetta Salvaciclisti se adottata, avrebbe permesso all’Italia di adeguarsi ad altri Paesi come Francia e Spagna ma nell’estate scorsa è sparita dal provvedimento esaminato dal Parlamento”.

Persa in questa storia anche la tragica morte di Michele Scarponi, punta di un iceberg che ha coinvolto tanti ciclisti negli ultimi anni.

Salvaciclisti: equiparare la bici al motorino? Per Bugno è ok!

“Un corridore che pratica il ciclismo agonistico ha bisogno di allenarsi sulla strada. Il ciclista deve pedalare ad una certa velocità, anche in mezzo ad un gruppetto e deve poter svolgere lavori specifici che ha in programma. Farlo pedalare su una pista ciclabile sarebbe impossibile ed io, come presidente dei ciclisti professionisti, devo guardare la realtà con gli occhi dei corridori. Intendiamoci, non chiediamo soltanto, ma come abbiamo sempre fatto siamo disposti a metterci in gioco e a fare la nostra parte. Noi vogliamo che la bicicletta venga equiparata ad un motorino. Tra un motorino e un ciclista non c’è nessuna differenza, perché vanno realmente alla stessa velocità, il problema è equipararli. Se servono targa e assicurazione apposite, noi siamo pronti. E vi invito a riflettere: quante volte sulle nostre strade di periferia, nella Brianza o nella bassa Padana ci imbattiamo in mezzi agricoli che occupano tutta la carreggiata? E lo sapete quale velocità massima raggiungono? I 40 orari, la stessa di un gruppetto di ciclisti. Chi va in bici sa che è sempre meglio procedere in fila indiana, ma un gruppetto non è un intralcio insormontabile per gli automobilisti. Stai dietro ad uno spargi letame? Stai dietro anche a dei ciclisti”