Erik Zabel: I freni a disco possono fare la differenza

Erik Zabel: i freni a disco fanno la differenza

Erik Zabel, un nome una garanzia, torna a parlare di ciclismo paragonando i suoi tempi con quelli moderni tra allenamento e freni 

Erik Zabel (Fonte pagina Facebook)
Erik Zabel (Fonte pagina Facebook)

Erik Zabel si è unito al team Katusha-Alpecin come responsabile delle prestazioni durante l’inverno dopo aver già collaborato con il team come allenatore degli sprinter ed essere stato sospeso per aver confessato di aver fatto uso di sostanze dopanti durante la carriera.

In una intervista a Radsport-News.com, Erik Zabel ha parlato della spesso controversa importanza che l’uso dei freni a disco può rivestire nel migliorare (o meno) le performance dei ciclisti.

“L’impiego di freni a disco può consentire al ciclista di frenare sia più facile che più tardi. I freni tradizionali richiedono l’uso della mano piena mentre i freni a disco si azionano con un dito e questo può fare molta differenza. Essere in grado di rallentare più tardi, consente al ciclista di mantenere la propria velocità più a lungo con un vantaggio di pochi centesimi di secondo, alla fine, questo fa la differenza” ha dichiarato Zabel.

Il tedesco è stato un vero califfo delle volare conquistando oltre 150 vittorie nel corso della sua carriera tra i pro durata 16 anni. Ora alla Katusha-Alpecin – dove corre suo figlio Rick – Zabel ha convinto la squadra a convertirsi ai freni a disco.

L’uso dei freni a disco è “un processo in evoluzione ma non serve essere un veggente per capire che nei prossimi tre o cinque anni saranno usati solo freni a disco. Anticipare i tempi vuol dire avere poi un vantaggio in termini di conoscenza e padronanza della tecnologia. Non è stato facile convincere tutti a seguire questa strada ma sono sicuro che ne avremo a breve i benefici” ha spiegato Eric.

In molti vedono difficile l’impiego dei freni a disco per via dei tempi più lunghi per cambiare gli pneumatici in casi di foratura:

“Nel finale, quando le cose devono essere fatte velocemente, un cambiamento completo della bicicletta ha più senso. Lo abbiamo adottato, infatti abbiamo ordinato nuovi portabagagli sul tetto che offrono spazio per otto biciclette complete ” ha ribattuto Zabel.

Se la tecnologia cambia, cambiano anche le metodologie di allenamento, da sempre è così e sempre sarà così, in molti dicono che era meglio il ciclismo di una volta ma l’evoluzione non può essere fermata:

“Giustamente i ciclisti non sono interessati a come ci allenavamo noi quando eravamo dei pro, io stesso non ho mai amato i confronti col ciclismo di una volta, Walter Godefroot parlava spesso del ciclismo dei suoi tempi e noi sapevamo perfettamente che quel modello non era applicabile”.

Ai giorni nostri, l’allenamento è “molto più intenso ed efficace ma questo non significa che nei Training Camp non ci alleniamo anche per sette ore, perché nelle classiche bisogna giostrarsi su tracciati da 200 km. Sarebbe impossibile pensare di concludere una Milano-Sanremo se non ci si allena anche per quelle distanza e quelle durate” ha concluso Zabel