Daniel Vasquez intervista esclusiva per ciclonews

Daniel Vazquez autore del libro UfoCilcismo

Daniel Vazquez intervista esclusiva per ciclonews ad uno degli autori del libro Ufociclismo assieme a Cobol Pongide

Daniel Vazquez
Daniel Vazquez (foto inviataci da Daniel)

Daniel Vazquez, assieme a Cobol Pongide, è uno degli autori di un libro assolutamente interessante e innovativo intitolato UfoCiclismo. Atlante tattico ad uso del ciclista sensibile in cui si spiegano i fondamenti di questa disciplina che unisce la passione per la bicicletta ed una nuova concezione di mobilità all’Ufologia.

Come nasce la tua passione di Daniel Vazquez per l’UfoCiclismo?

Le prime derive psicogeografiche ufociclistiche erano del tutto sperimentali, organizzate da “K” e iniziano alla fine dell’estate del 1998, circa un anno prima della prima Critical Mass italiana. Eravamo in pochi, pressappoco una decina e venivamo quasi tutti dal collettivo Men in Red, rivista di ufologia radicale. Se non fosse stato per “K” non avrei mai compreso il nesso tra bici e UFO, il suo saggio breve “UfoCiclismo: virtù infantile del dischismo” che abbiamo deciso di ripubblicare nel libro che ho scritto con Cobol Pongide è stato amore a prima vista. Se la categoria di genio esistesse davvero e ho parecchi dubbi, se qualcuno mi convincesse che le cose fossero così allora direi che “K” era un genio! “K” era in grado di intercettare le idee dell’epoca che circolavano di mente in mente e che aspettavano solo di trovare la persona giusta al momento giusto per trasformarle in pratiche concrete. Cobol era allora molto giovane ed era l’ufociclista più motivato ed è stato lui a traghettare l’UfoCiclismo attraverso due generazioni, mentre nell’underground ufo-radicale tutti lo criticavano da posizioni davvero reazionarie, come il fondatore stesso del movimento: Ivano Merz. All’epoca il mio pseudonimo era Xain ‘d’ Sleena e finii per rompere con i MIR per tornare su posizioni meno filosofiche e più radicali, ma se abbandonai gli obiettivi politici che stavano per diventare riformisti dei miei vecchi compagni, l’amore per l’UfoCiclismo come forma di esplorazione urbana aperta alla scoperta incondizionata dell’alterità mi ha sempre accompagnato lungo questi venti anni, forse anche per la mia formazione di antropologo. Occorre ogni tanto guardare in su quando si va in bici, con attenzione, ma va fatto, se non vedi un UFO avrai conquistato comunque il paesaggio nella sua interezza.

 

 La psicogeografia nasce come esplorazione attraverso il camminare come mai lo “spostamento” al ciclismo?

La psicogeografia, una scienza ludica inventata dai lettristi Gilles Ivain (alias di Ivan Chtcheglov)  e Guy Debord nel 1953 a Parigi è stata considerata per lungo tempo come uno studio degli effetti precisi dell’ambiente urbano sui comportamenti affettivi degli individui. Tuttavia questa concezione della psicogeografia è tardiva e riflette soltanto la visione della disciplina da parte di Debord. Se si guarda ai primi report psicogeografici essa si presenta piuttosto come una scienza degli incontri casuali e dei luoghi che li provocano, più vicina all’idea che ne aveva Chtcheglov. Questa sua vocazione a favorire gli incontri casuali che si è man mano persa nella teoria post-lettrista, quella situazionista, fin dall’inizio è stata una fonte d’ispirazione più o meno evidente dell’UfoCiclismo. Nel nostro libro abbiamo molto insistito sull’attitudine più autentica della psicogeografia: quella dell’incontro con alterità incondizionate e incommensurabili, siano esseri umani o extraterrestri in fondo poco ci importa, sempre di incontri ravvicinati del terzo tipo si tratterebbe. Inoltre, l’Associazione Psicogeografica Romana di cui faccio parte da sempre sostiene che la psicogeografia deve essere condotta “con ogni mezzo necessario”, non solo camminando, non c’è una preclusione ideologica per un mezzo o per l’altro, la preclusione dipende dall’obbiettivo. Se l’obbiettivo è ad esempio l’esplorazione urbana su vasta scala o gli incontri ravvicinati, quello che chiamiamo esoplanetarismo, è chiaro che non utilizzeremmo mai uno skate che è un mezzo istrionico e autistico. La bici rispetto al camminare ha il rapporto di scala perfetto per l’esplorazione urbana e l’incontro ravvicinato esoplanetario, il camminare e suoi dettagli è meglio lasciarli al flâneur, così come l’esplorazione dello sprawl, della dispersione urbana, è meglio lasciarla all’automobile. Certo per noi ufociclisti l’automobile non esiste, esiste solo un immenso mezzo di trasporto diffuso che è l’intero parco automobili il quale andrebbe espropriato ai privati e trasformato in un common non inquinante.

Siamo nella “terza era spaziale”, dopo Luna e Marte, secondo Daniel Vazquez ora è il momento di andare oltre se?

Sì. Siamo stati noi ufociclisti a coniare il termine “terza era spaziale” in occasione del ciclo di convegni “Mars Beyond Mars” in cui abbiamo invitato le migliori menti italiane dell’epoca (come Roberto Paura, Flavio Rossi e Giorgio de Finis) proprio per designare una fase caratterizzata dal passaggio della conquista dello spazio da parte dei governi a quella da parte del capitale. Se la prima era spaziale è stata la contesa, durante la guerra fredda, per la conquista della Luna, la seconda è quella per la colonizzazione di Marte in cui l’avanguardia del capitalista collettivo è già da tempo all’opera. Tuttavia il reale obiettivo è la conquista dei satelliti del nostro sistema solare in cui è possibile la vita e possibilmente degli esopianeti, perché il capitalista collettivo è ben consapevole che sulla terra  i “Goal” dell’ONU previsti per il 2030 non saranno mai raggiunti e sostenibilità e benessere sono diventate parole-grimaldello per far passare le stesse politiche di sempre, senza nessun cambiamento reale della società planetaria. Vedrete come nel 2030 si procrastinerà tutto al 2050. Così mentre si tenta di salvare il pianeta terra, nemmeno tanto segretamente i capitalisti si adoperano al piano A: la fuoriuscita da un pianeta morente. Ma hanno fatto male i loro conti, come abbiamo sempre contestato agli Astronauti Autonomi, oggi nostri alleati, là fuori non c’è il vuoto da depredare, ma uno spazio già abitato. Si rischia una collisione senza cosmonauti preparati all’incontro con alterità incommensurabili e alla loro tecnologia di volo che tanto assomiglia a quella della bicicletta.

Come vedi la funzione della bicicletta nel 2030?

La bicicletta diverrà sempre più strategica finché non si esproprierà l’intero parco automobili del mondo ai privati. E molti obbiettivi dell’ONU non saranno raggiungibili se non con tale espropriazione. Per me  “No car city” non significa una città senza automobili, che rispetto ai mezzi di traposto pubblici classici, permettono una mobilità maggiormente flessibile, ma la loro trasformazione in un sistema diffuso né pubblico né privato, ovvero autogestito da consigli metropolitani, di mobilità gratuita e non nociva per l’ambiente. Non parlo né di bike-sharing né di car-sharing, odio la parola sharing, è un modo come un altro per non arrivare al nocciolo della questione urbanistica. Senza contare che sono forme molto soft di esperienze come quella delle biciclette bianche dei provo ad Amsterdam negli anni ’60 del tutto gratuite o di idee come quella degli anni ’90 di Oscar Marchisio di creare una Car-Net gratuita e non inquinante, idee di “comunismo delle automobili” provenienti dall’ambiente operaista che hanno ispirato la Mercedes Benz e i primi tentativi di car-sharing con le Car2go elettriche nel 2007. Quindi quello che mi auspico a prescindere dai ridicoli obiettivi paradisiaci dell’ONU, soltanto fumo negli occhi, mentre si prepara l’assalto all’Outer Space da parte di imprenditori come Elon Musk è biciclette dappertutto per bloccare le automobili fino al momento in cui le automobili non vengano espropriate.

L’uso della bicicletta è per molti un modo per uscire dai tracciati che si fanno in auto, quanto può servire l’UfoCiclismo in questo?

Il libro UfoCiclismo è un manuale pratico che invita a fare con la bici tutto ciò che l’automobile non può fare. Chi va in automobile e non va in bici leggendo il nostro Manuale non potrà che schiattare di invidia per i ciclisti scoprendo che talvolta grazie ad alcuni sotterfugi che abbiamo scoperto per la città di Roma, potenzialmente universalmente validi, un percorso in bici fa risparmiare più tempo di un’auto. E non dico le solite banalità sugli imbottigliamenti, etc. Dato un punto A e un punto B, una bici potrà arrivare con tali sotterfugi prima di un’automobile, con un po’ di velocità e volontà atletica, al punto B. Questo perché la bici può percorrere e trasgredire qualsiasi spazio, vi sono addirittura dei passaggi segreti in cui basta prendere la bici in spalla, proseguire qualche metro a piedi, riprendere la bici, per far sì che l’automobile perda un sacco di terreno. UfoCiclismo è pieno di consigli, esempi e mappe che aiutano anche ad esplorare la città per conto proprio al fine di diventare degli esperti nel trovare questi sotterfugi. Ovvero degli ufociclisti.

 

La scoperta di luoghi singolari che distano poco da noi si affianca alla scoperta del mistero nell’UfoCiclismo, quale ti affascina di più?

In realtà nell’UfoCiclismo non c’è niente di misterioso. Ci siamo proposti di avere un approccio “fisicalista dada” su argomenti solo apparentemente non scientifici come gli UFO, le Unità d’Ambiance e le Ley Line. Ecco sicuramente queste tre realtà che abbiamo affrontato cercando di essere il più rigorosi possibile e, allo stesso tempo, spassosi e ironici, sono quelle che più caratterizzano l’UfoCiclismo. A parte gli UFO, le Unità d’Ambiance che chiamiamo con l’acronimo UDA sono ormai oggetto di studio anche nell’accademia, e anzi io e Cobol ci siamo proprio divertiti a sfidare le teorie accademiche, soprattutto la cosiddetta “fenomenologia delle ambiance”. Si tratta niente di più e niente di meno che prestare attenzione alle atmosfere che si percepiscono andando in bici, facendone uno dei giochi d’elezione dell’Ufociclismo, anche perché vi è un certo tipo di atmosfera che è la più prossima e la più adatta all’incontro ravvicinato del terzo tipo vero e proprio, un’atmosfera che a nostro avviso una volta percepita è perimetrabile e ha tutta una serie di precise prerogative che chiamiamo UDA contattistica. E poi le Ley Line. Anche qui abbiamo un approccio materialista e  non New Age, chiunque può andarsi a cercare cosa sia una Ley Line su google e troverà una montagna di sciocchezze esoteriche. Noi siamo andati alle origini, alle teorie dell’archeologo autodidatta Alfred Watkins e le abbiamo sviluppate in senso materialista, d’altronde lo stesso Watkins non c’entrava davvero nulla con l’occultismo.

 

Raccontaci un accadimento “ufologico” o una deriva che piu’ ricordi.

Un accadimento recente è avvenuto nell’estate del 2017, ero al mare a Sabaudia con la mia ragazza, anche lei parte dell’Associazione Psicogeografica Romana e abbiamo avuto un ir1 eccezionale, un disco volante metallico che aveva un attitudine di volo anti-traiettoriale e discontinua (appariva e spariva). Abbiamo avuto la prontezza di riprenderlo con il cellullare e oggi il video è visibile sulla pagina youtube dell’UfoCiclismo. Quanto alla deriva, voglio ricordare la prima che io abbia mai fatto, nell’autunno 1994 con l’Associazione Psicogeografica di Bologna, cui poi ci siamo subito gemellati, voglio ricordarlo perché anche se eravamo in pochi e lo stile era molto British (noi abbiamo uno stile molto più “rude”, “raw”) è stata anche l’occasione per sferrare il mio primo attacco psichico, si trattava di un attacco a un ecomostro. Cos’è un attacco psichico? Sarà per un’altra intervista, perché qui dovremmo mettere in gioco Luther Blissett.

 Segui il ciclismo professionistico? Se si, hai un campione che ammiri?

L’ho seguito per anni, perché avevo dei cari amici con cui condividevo la passione, anche se loro erano proprio dei simpatici fanatici. Devi sapere e sono contento che ho finalmente l’occasione di dirlo in una rivista del settore che il gioco da tavola sul ciclismo professionistico più famoso al mondo, è una idea nata dei miei amici  che divenne quasi un gioco di ruolo con il contributo alle regole di tutti noi. Ci siamo visti per dieci anni dagli anni ’90 agli anni Duemila per giocare a questo gioco e una partita poteva durare anche dieci ore. Finivamo ubriachi, alle volte fino alla mattina del giorno dopo, dopo cagnare indicibili. I due giochi sono identici e a meno di non credere alla volgare teoria evoluzionista dell’Ottocento “stessi stimoli, stesse risposte”, qualcosa di strano c’è in questa vicenda. Tutti loro sono salutati nel libro UfoCiclismo, perché l’episodio ha dell’incredibile e va tramandato. Abbiamo avuto come ospite uno di questi miei amici per raccontare la storia proprio nella trasmissione UfoCiclismo Revolution condotta da Carolina Cutolo ed Edoardo de Falchi.  Comunque all’epoca mi era toccato in sorte come capitano della mia squadra Vandenbroucke che chiamavo nei momenti di disperazione Vandenbrocco oppure quando si arrampicava in montagna a tutta velocità, visto che non era la sua specialità, Vandersbrocco. Ma non credo nel professionismo ciclistico perché non credo nel professionismo in generale nello sport, anche se ho sempre avuto un debole infantile per la Euskaltel-Euskadi.